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Il lupo è tornato, come e perché


Dopo più di un secolo di assenza, durante il quale se n'era persa la memoria, il lupo è ritornato nelle valli di Fassa e Fiemme. È verosimile che il ripopolamento sia dovuto a un processo naturale, conseguenza più o meno diretta delle politiche di tutela ambientale e delle trasformazioni socio-economiche e culturali in atto nel nostro paese e più in generale a livello europeo.

Negli ultimi decenni il lupo ha potuto godere di un regime di protezione totale, dopo essere stato considerato 'animale nocivo', a torto o a ragione, fino al 1971. Prima di allora non solo ne era permessa la caccia, ma per ogni esemplare abbattuto venivano spesso elargiti premi in denaro da parte di amministrazioni pubbliche o associazioni di allevatori.

L'ostilità dell'uomo verso il lupo ha radici antiche. Da parte sua il lupo, nei tempi in cui la vita era oggettivamente difficile per entrambi, riusciva a redersi insopportabile attaccando gli animali domestici e talvolta anche le persone. In risposta gli uomini hanno combattuto il predatore con tutti i mezzi a loro disposizione: le armi, le trappole e spesso il veleno. Oggi il mondo è molto cambiato e le priorità sono altre, ma prima di accusare di crudeltà l'uno o l'altro dei due contendenti andrebbero considerate sia la disperazione del lupo affamato per la scarsità di prede, sia la rabbia degli umani rapinati dei loro beni essenziali o colpiti nei loro affetti.

In territorio italiano, dove il lupo era diffuso dalla montagna alla pianura, la lotta è iniziata nel Medioevo e, in pratica, si è conclusa solo ai primi del novecento con una pesante sconfitta per l'animale, costretto a ritirarsi in alcune zone remote dell'Appenino con un esiguo numero di esemplari sopravvissuti allo sterminio.

Per quanto riguarda le valli dell'Avisio, negli archivi storici locali i riferimenti al lupo sono piuttosto rari. Negli elenchi degli animali cacciabili presenti tra i documenti della Magnifica Comunità di Fiemme, sono citati sia gli orsi che i lupi. Pare comunque che questi ultimi non fossero particolarmente numerosi e che si avvicinassero alle case di campagna soltanto negli inverni assai nevosi. La toponomastica ricorda ancora le lovare, ovvero le trappole scavate per la cattura dei lupi, di cui rimane traccia in Val di Cembra a Valda, Segonzano e Giovo.

Con il miglioramento delle condizioni di vita e il benessere generalizzato, l'uomo si è allontanato dai territori montani delle Alpi e dell'Appennino, abbandonando a se stesse vaste aree rurali una volta destinate all'allevamento di bestiame domestico. Come conseguenza si è potuto assistere ad una forte espansione delle popolazioni di ungulati selvatici, le tipiche prede del lupo. Anche nel Trentino nord-orientale, negli ultimi anni, si è avuto un notevole incremento del numero di capi di cervi e mufloni (questi ultimi introdotti in valle negli anni '70 a scopo venatorio). Si sono create perciò le condizioni favorevoli perché i grandi carnivori potessero riprendere possesso della propria nicchia ecologica.

Nel frattempo però il posto del lupo come regolatore degli equilibri faunistici è stato occupato dal cacciatore umano che intende mantenere questo ruolo, ma con una diversa visione in tema di gestione della fauna selvatica. Nel rapporto con l'uomo vi è poi un'ulteriore causa di attrito. Il lupo infatti, in condizioni favorevoli, non disdegna di predare gli animali domestici lasciati liberi al pascolo. Ciò preoccupa gli allevatori che peraltro non sono più preparati come un tempo a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori. Rimane infine da considerare l'eventualità di un confronto diretto, inteso come aggressione nei confronti delle persone, che però viene dato per improbabile. In ogni caso la convivenza pacifica tra uomo e lupo anche oggi è una condizione difficile da realizzare.

Prima di gioire o disperarsi, a seconda dei punti di vista, è bene rendersi conto che nessun esperto è in grado di prevedere gli sviluppi futuri della vicenda né le conseguenze che si manifesteranno nel lungo periodo. Si tratta sicuramente di una questione complessa, da affrontare con il giusto equilibrio e senza pregiudizi da entrambe le parti, quella schierata in favore del lupo e quella che ne farebbe volentieri a meno.



Le prime scorribande dei lupi nelle due valli risalgono all'estate del 2016 e sono documentate da avvistamenti e casi di predazione su animali domestici. Solo alla fine dell'anno successivo si è potuta accertare la presenza fissa di un gruppo familiare - quello che si usa definire un 'branco' - insediato stabilmente nel territorio a cavallo tra l'alta Val di Fassa, il Veneto e l'Alto Adige/Südtirol. Un'altra coppia, ovvero il nucleo iniziale di un secondo branco, responsabile del primo attacco alle greggi in Val Venegia, risulta aggirarsi tuttora nella zona tra Pozza di Fassa, il Passo di Costalunga, il Passo San Pellegrino e il Passo Rolle.

La famiglia solitamente è composta dai due genitori, cioè la coppia dominante o lupi 'alpha', e alcuni figli partoriti negli anni precedenti. Ogni gruppo familiare occupa un 'territorio' (home range) che difende attivamente dall'intrusione di altri lupi estranei al clan, fino ad aggredire e uccidere i malcapitati che si trovino in condizioni di inferiorità. Tuttavia può anche accadere che qualche soggetto vagante venga accettato nel branco e riesca addirittura a conquistare la posizione dominante . Allo stesso tempo il controllo del territorio viene esercitato in forma passiva, attraverso la marcatura dei confini con urina, feci e mediante segnali sonori (ululato), con lo scopo di intimorire gli avversari e prevenire lo scontro diretto.
Nel mondo le dimensioni di queste unità territoriali variano a seconda della regione geografica e delle specificità dei luoghi, dell'abbondanza di risorse alimentari e di come sono strutturati i branchi, il che dipende dalla sottospecie di lupo presente in quel luogo. Le osservazioni effettuate sull'arco alpino indicano che l'estensione media di un territorio occupato dal lupo italico (oppure sloveno) si aggira sui 200-250 km2, anche meno se la disponibilità di prede è elevata. Un'area più vasta sarebbe invece difficile da gestire e controllare. I branchi sono composti mediamente da sei, otto individui, ma recentemente le coppie riproduttive si sono rivelate molto prolifiche. Per questo motivo sono stati osservati anche gruppi più numerosi, fino a quattordici esemplari, di cui facevano parte però i cuccioli dell'anno. Questi non possono essere conteggiati tra i componenti del branco, poiché molti di loro si allontaneranno prima di raggiungere i due anni di età.
Un gruppo numeroso può ritenersi avvantaggiato nella caccia a prede di grandi dimensioni, tuttavia questo favorisce l'insorgere di conflitti per la divisione del cibo, considerato che nella rigida gerarchia del branco i subordinati devono attendere il loro turno prima di potersi cibare. Ciò spinge i soggetti in soprannumero ad abbandonare la famiglia di origine per cercare miglior fortuna, ma questi tentativi spesso si concludono tragicamente per il lupo.

Per via del comportamento elusivo di questi animali, all'inizio è stato veramente difficile riuscire a stimare la consistenza della popolazione locale, anche perché i lupi spesso si spostano qua e là in gruppi di due o tre individui. Un po' alla volta, con i filmati ripresi dalle videotrappole o dai cellulari nel caso di avvistamenti fortuiti, si è riusciti a definirne il numero approssimativo. Al branco presente nell'area incentrata su Canazei e Arabba, composto di almeno sei soggetti adulti, compresa la coppia di genitori, nella primavera del 2018 si sono aggiunti nove cuccioli. Sulla coppia che occupa l'altro territorio, quello posto più a sud, non si hanno ancora conferme ufficiali, ma è molto probabile che anche questo gruppo familiare si sia ampliato con l'arrivo di nuovi nati.

Come già accennato, le dinamiche che regolano la vita e la struttura sociale di questi animali sono molto complesse e non tutti i nuovi nati sono destinati ad incrementare il numero di componenti il branco. I giovani raggiungono la condizione di adulto dopo il primo anno di vita, ma la mortalità in questa fase è molto alta. Inoltre solo alcuni restano nel gruppo di origine per assumere il ruolo di gregari, rinunciando così alla funzione riproduttiva. Nel branco l'accoppiamento avviene infatti solamente tra la coppia dominante, una volta all'anno. Altri accetteranno perciò il rischio di allontanarsi, talvolta per centinaia di chilometri, nel tentativo di unirsi ad un esemplare dell'altro sesso e formare una nuova famiglia, con la speranza di riuscire a conquistare un territorio in cui stabilirsi (fase di dispersione).



Per tracciare un quadro realistico delle vicende che hanno segnato il ritorno del lupo sulle Alpi orientali, di cui fanno parte anche i territori di Fassa e Fiemme, si è deciso di rileggere con attenzione le notizie di cronaca riportate nei quotidiani locali. Si sono cercati riscontri nei dati pubblicati nell'ambito dei programmi ufficiali di monitoraggio, sia quelli gestiti a livello provinciale (Rapporto Grandi Carnivori - P.A.T.) che quelli di rilevanza comunitaria (Progetto Life Wolf Alps).
Per le notizie più aggiornate ci si è attenuti invece ai risultati delle attività di monitoraggio che alcuni volontari svolgono in stretta collaborazione con le autorità competenti. Tutte le informazioni provengono perciò da fonti controllate e affidabili.
Si vuole comprendere come questo predatore sia riuscito in poco tempo a ripopolare gli antichi territori da cui era stato eradicato tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, escludendo ovviamente un intervento attivo di reintroduzione da parte dell'uomo che viene negato da tutte le fonti istituzionali. In quest'ottica è inconfutabile che i meccanismi naturali di diffusione della specie abbiano agito con efficacia, anche in contesti fortemente antropizzati. Si è consci tuttavia che per un argomento così divisivo non esiste né mai esisterà una versione accettata da tutti.

Anche la classificazione tassonomica della specie sembra essere in parte dibattuta. Nell'uso comune con il termine latino Canis lupus si intende il lupo selvatico, mentre per il cane domestico, cioè il prodotto dell'addomesticamento di un antenato comune, si usa il nome scientifico Canis familiaris che indica formalmente una diversa specie del genere Canis.
Se si vogliono invece considerare entrambi come sottocategorie di una stessa specie si dovrebbe usare Canis lupus familiaris per il cane e Canis lupus lupus per il lupo grigio eurasiatico.
In ogni caso cane e lupo appartengono a due unità tassonomiche distinte, ma non così lontane l'una dall'altra. A parte la grande variabilità fenotipica che si esprime nelle numerose e diversissime razze canine, nel complesso il cane si discosta pochissimo dal lupo a livello genetico. Ciò comporta la possibilità di incrociarsi e generare esemplari ibridi a loro volta fecondi, e questo rappresenta attualmente il problema più serio per la conservazione della specie lupo.



La nostra storia inizia circa 10 anni fa, con il rinvenimento nel Comune di Varena, nei pressi del Passo Oclini, dei resti di un animale dall'origine sospetta. Il ritrovamento è collegato con alcuni avvistamenti segnalati nella zona e fino allora non confermati. La difficoltà, in questi casi, sta nel riuscire ad acquisire delle certezze, ma un osservatore attento può distinguere le ossa di un lupo da quelle di un cane, per esempio sulla base di alcune caratteristiche morfologiche del cranio. L'angolo orbitale è più stretto nel lupo rispetto al cane (circa 40°) e il salto frontale meno evidente.
Sarà l'Ufficio distrettuale forestale di Cavalese a commissionare le analisi genetiche che certificheranno l'effettiva appartenenza di quei resti ad un esemplare di lupo (Canis lupus).
Si è ancora nel 2008 e il decesso dell'animale ritrovato in val di Fiemme risale in apparenza all'autunno dell'anno precedente. Potrebbe trattarsi di un soggetto in dispersione separatosi dal proprio branco per scelta o per necessità.
Per quanto riguarda il gruppo di provenienza di questo lupo vi sono diverse possibilità:
a) la popolazione di lupo italico di derivazione appenninica, insediatasi stabilmente tra Piemonte e Francia negli anni '90 del secolo scorso ed estesasi successivamente verso la Lombardia e la Svizzera;
b) la popolazione dinarica ancora presente nelle montagne della Slovenia;
d) infine qualche recinto con animali tenuti in cattività.
Con i dati genetici si è potuta escludere l'appartenenza di questo individuo ai gruppi delle Alpi occidentali, lasciando supporre si sia trattato di uno dei numerosi casi in cui i lupi sono arrivati da est. Quello di Varena è certamente un tentativo finito male come avviene nella maggioranza dei casi, conclusosi con la morte del predatore sopravvenuta per cause ignote. Nessuno può affermare tuttavia che si tratti del primo caso in assoluto e che altri individui non siano transitati in zona senza essere stati notati.



Pochi anni dopo, l'avventura del lupo Slavc sarà invece coronata da successo. Dotato di un radiocollare applicatogli nella sua terra di origine dai ricercatori sloveni, il soggetto viene seguito nei suoi spostamenti per più di 1000 km attraverso l'Austria e l'Italia fino alla zona dei Monti Lessini, tra le province di Trento e Verona, dove nel 2012 avviene l'incontro con la lupa Giulietta, giunta fin qui dalle Alpi occidentali. Questa vicenda, in quanto tappa fondamentale per l'espansione dell'areale del lupo a livello europeo, è stata molto enfatizzata dagli ambientalisti, dagli studiosi e da tutti coloro che sostengono la teoria del ritorno spontaneo. Essendo stato presentato come un avvenimento eccezionale, non supportato da dati statistici relativi a molti altri probabili tentativi falliti, esso ha suscitato però negli oppositori un sentimento di incredulità e diffidenza.
Dopo il precedente dell'orso trentino, la favola a lieto fine di Slavc e Giulietta si presta purtroppo ad essere interpretata dai sostenitori dell'altra tesi come una mistificazione, utilizzata per coprire un'azione deliberata di reintroduzione, anche se non necessariamente da parte di soggetti istituzionali.

Nella primavera del 2013 dalla coppia dei Lessini nascono due cuccioli, evento che si ripete poi anche negli anni successivi con cucciolate ben più numerose, anche di sette individui. In seguito all'espansione di questo primo nucleo stabile e a nuovi, ulteriori arrivi da altre regioni, l'areale del lupo nelle Alpi orientali si è allargato rapidamente fino a raggiungere le nostre valli. Dalla zona di Ala, nel Trentino meridionale, i lupi sono avanzati verso nord attraverso la Vallarsa (Carega e Pasubio), l'altopiano di Asiago e la Valsugana. Contemporaneamente dalla Slovenia hanno viaggiato in direzione ovest attraversando Friuli Venezia Giulia e Veneto.

Nel giugno 2016 hanno inizio gli avvistamenti diretti e a mezzo fototrappola nell'area di Paneveggio, poi confermati in maniera drammatica dall'aggressione ad un gregge di pecore tra la Val Venegia e il Passo Valles. Quello che si verifica in quel caso è un esempio tipico di 'overkilling' o predazione in eccesso. La reazione scomposta delle pecore, l'impossibilità di fuggire da un recinto o le due cose insieme sono all'origine di questo comportamento da parte del predatore che si esplica con l'uccisione gratuita e il ferimento di un gran numero di animali.
Gli episodi di predazione su selvatici e domestici si moltiplicano nei mesi successivi. Le indagini eseguite dagli esperti inducono a ritenere che si tratti di un solo individuo, di sesso femminile, che si aggira nella zona tra Pozza di Fassa ed il parco naturale di Paneveggio. Anche per questo animale i test genetici eseguiti sugli escrementi certificano l'appartenenza alla popolazione dinarica. L'esemplare a volte è riconoscibile nelle immagini riprese dalle fototrappole per un difetto di deambulazione, forse conseguente ad un investimento. In seguito nei rapporti ufficiali comparirà un secondo individuo e in riferimento a quel territorio verrà indicata la presenza di un coppia.

Circa un anno dopo, nel luglio 2017, eventi analoghi di predazione su greggi di pecore si ripetono al Passo Fedaia. Gli attacchi vengono attribuiti ad un'altra coppia di lupi che costituisce il nucleo di un nuovo branco insediatosi a cavallo tra l'alta Val di Fassa, l'Alto Adige e la Valle di Livinallongo e che stavolta mostra affinità con il gruppo dei Lessini. In autunno i lupi prendono a frequentare assiduamente l'area della Val Duron e del Col Rodella, predando selvatici, soprattutto mufloni, e alcuni bovini al pascolo. Avvistamenti notturni avvengono con una certa frequenza e regolarità, nell'inverno successivo, attorno alle case di Alba e Penia, nel comune di Canazei. Nel gennaio 2018 un video realizzato con un cellulare riprende sei lupi spostarsi sui prati innevati nei pressi della frazione di Penia, rivelando così la reale consistenza del branco. Già a dicembre, in diverse occasioni, un esemplare affetto da rogna era stato visto aggirarsi tra Canazei e Campitello e aveva suscitato scalpore per un incontro ravvicinato con gli alunni intenti a giocare nel giardino della scuola elementare, posta a sua volta nelle vicinanze dell'asilo infantile. Lo stesso individuo viene ripreso a maggio mentre si muove con innaturale lentezza lungo i tornanti della strada per il Passo Pordoi e poi all'Alpe di Siusi. Tra febbraio e marzo altri incontri ravvicinati, stavolta con gruppi di due o più lupi, oltre ad alcune predazioni di capriolo avvengono nei pressi e all'interno del paese di Arabba.

Nella primavera del 2018 il branco di Canazei-Arabba genera la sua prima cucciolata di cui si hanno testimonianze certe. Rimane il dubbio che nell'anno precedente, quando si riteneva che gli esemplari di lupo presenti in zona fossero solo due, un evento analogo possa essere passato inosservato. Durante l'estate i lupi vengono filmati e fotografati più di una volta dalle numerose fototrappole posizionate nei luoghi di passaggio abituali, ma anche dai cellulari di spettatori occasionali. Gli adulti vengono ripresi singolarmente o insieme in gruppi di due, tre, fino a quattro individui. A metà agosto l'obiettivo cattura sei cuccioli di lupo che si rincorrono in pieno giorno davanti alla videocamera. A settembre gli stessi cuccioli appaiono già visibilmente cresciuti, durante l'inverno sarà quasi impossibile distinguerli dagli altri lupi. La fototrappola ne riprende almeno nove, di notte, insieme a tre adulti. Sembra che anche la coppia che occupa il territorio più a sud, la zona da Pozza a Predazzo, abbia dato vita a una famiglia più numerosa.

In concomitanza con lo svezzamento dei nuovi nati non si verificano nella zona di Fassa e Fiemme episodi di predazione significativi. Nel periodo estivo le frequentazioni del branco di Canazei-Arabba si concentrano nella porzione orientale del territorio, in area veneta, salvo sporadiche incursioni nelle valli laterali Fassane e in Alto Adige. I siti di rendez-vous si collocano infatti quasi a cavallo tra le due regioni. Si vedrà in seguito se il branco tornerà per svernare nella zona di Alba e Penia, come nell'anno precedente, o le mutate condizioni e l'affollamento imporranno una riorganizzazione e ridistribuzione dei gruppi familiari.




Un sito di riproduzione del branco presente in alta Val di Fassa, oltre il confine regionale con il Veneto.


Per ciò che riguarda la coppia segnalata tra centro Fassa e la Val di Fiemme, le cronache riportano avvistamenti nell'area di Predazzo-Bellamonte, a fine marzo 2018, e la predazione di un vitello al Passo di Costalunga nel mese di agosto. Invece l'uccisione di due capre e il ferimento di molte altre a Masi di Cavalese, nel maggio 2018, non sono opera dei lupi bensì il risultato di un'azione predatoria da parte di cani vaganti. Restano infine da segnalare i piccoli, marginali, ma numerosi episodi di predazione ai danni di animali selvatici riscontrati dai cacciatori e dagli operatori della forestale, oltre alle tracce e alle marcature disseminate dai lupi sul territorio nei loro frequenti spostamenti.



Fin qui, a grandi linee, la cronaca aggiornata al mese di settembre 2018, dalla quale si evince che il lupo è ormai presente in forma stabile nelle valli di Fassa e Fiemme. Resta da definire solamente la consistenza della popolazione che il territorio sarà in grado di sostenere quando il processo di ripopolamento sarà completato.
Difficile fare previsioni perché oltre ai fattori naturali vanno considerati gli sviluppi imprevedibili che derivano dalla problematica convivenza con l'uomo. Per il futuro si annuncia infatti un acceso confronto tra i soggetti favorevoli ad assecondare la naturale diffusione di questo animale, convinti che la situazione con il tempo si normalizzerà, quelli che sostengono invece la necessità di una gestione controllata del fenomeno e infine coloro che più o meno velatamente lavorano per risolvere il problema alla radice, con il sostegno morale di quella parte di popolazione decisa a mantenere le proprie consuetudini e continuare a fare a meno del lupo.

Non tutti concordano ovviamente con questa ricostruzione degli avvenimenti, anzi sono molte le persone ancora convinte che il predatore sia stato reintrodotto deliberatamente dall'uomo. Colpiscono indubbiamente la rapidità con cui la popolazione di lupo si è insediata nelle due valli e la sua esplosione demografica. Inoltre c'è un problema di numeri, legato alla difficoltà di monitorare e contare gli individui presenti, che ha creato una certa diffidenza verso le istituzioni, le quali in effetti hanno spesso fornito dati sottostimati dando l'impressione di voler sminuire le dimensioni del fenomeno. Si arriva così al paradosso che in questo momento occupa la scena politica, divisa tra chi sostiene il dogma della protezione assoluta della specie, senza chiedersi se ciò abbia ancora senso considerata la fase di forte espansione in tutto il territorio italiano, e coloro che si pronunciano in favore degli abbattimenti più o meno mirati, senza considerare che si tratta di un metodo probabilmente inefficace, ma soprattutto rischioso se gestito in modo scorretto, capace di aggravare il problema invece di risolverlo.